La
mattina del 31 luglio 1952. Giampiero Monguzzi, un ingegnere della
società Edison, in gita con la moglie Pinuccia Radaelli sui monti
del Bernina (Sondrio) sopra il ghiacciaio Scerscen, tutt’a un
tratto avvertì una brezza gelida che sembrava produrre un rumore
simile a quello delle sartie di un antico veliero; poi,
improvvisamente, l’ambiente circostante diventò silenzioso. “Ero
vicinissimo a mia moglie, … gridavo e mi accorgevo che lei non mi
udiva. E vedevo anche che mia moglie apriva la bocca, ma non veniva
fuori la voce.
Era
un ‘silenzio compatto’, un ‘vuoto’ da non stare in piedi.”
Subito dopo questa sensazione di “silenzio assoluto” ( tipica di
molti avvistamenti e persino di alcuni rapimenti Ufo, ndr), i
Monguzzi avvistarono un grande oggetto scintillante salire dalla
parte inferiore del ghiacciaio e posarsi silenziosamente sulla neve.
Era un enorme piatto argenteo, largo almeno dieci metri. “Avevo a
tracolla la macchina fotografica,ma quando scattai non sentii il
solito clik. Forse non avevo fatto nessuna fotografia. Rimasi a
guardare. Il disco restò per pochi secondi ancora senza vita. Poi
vidi un uomo coperto da uno scafandro dai riflessi metallici venire
verso di me. L’istinto mi suggerì di scappare, ma la paura mi
teneva inchiodate le gambe. Forse non mi aveva visto. Infatti l’uomo
(almeno credo sia stato un uomo) andava verso l’esterno della
circonferenza del disco. Lo percorse tutto intorno come se stesse
eseguendo un’ispezione dell’apparecchio. Si fermava ogni due o
tre passi guardando verso l’alto del velivolo. Camminava molto
impacciato in quello scafandro che aveva i contorni non ben definiti
e sembrava quasi peloso. Aveva in mano uno strumento cilindrico
simile ad una torcia elettrica. Non so quanto sia durato tutto
questo, forse cinque minuti da quando il disco si era appoggiato sul
ghiacciaio, ma non posso stabilire con esattezza un tempo preciso”.
L’essere, a ispezione terminata, rientrò nel disco presumibilmente
da un ingresso laterale, invisibile dal punto di osservazione di
Monguzzi, visto che ad un certo momento l’Ufo si alzò in volo, con
una parte che si mise a ruotare, e sfrecciò via. In quell’istante
Monguzzi scattò altre due fotografie. “A mano a mano che il disco
si allontanava, sentivo tornare la vita intorno a me. Chiamai mia
moglie e la voce veniva fuori. Il vento aveva ricominciato a fare
quella strana musica come tra le sartie di un veliero”. A quel
punto i due, pur se spaventati, ebbero la forza di avvicinarsi al
luogo dell’atterraggio; non trovarono però alcuna traccia della
discesa del disco, neanche un’impronta.” Nemmeno noi lasciavamo
impronte sul ghiaccio, ma il disco doveva avere un peso
straordinario, era impossibile non avesse lasciato alcun segno. Se mi
si chiedesse come faceva a volare, penso ad una forza magnetica
potentissima e contraria a quella di gravità terrestre. Solo quella
forza silenziosa poteva assorbire le onde sonore e, respingendo la
Terra, permettere il sollevamento dell’apparecchio.
Comunque,
quando il disco lasciò lo Scerscen superiore, lo fece ad una
velocità stimabile fra i 200 ed i 300 chilometri orari”. Alcune
settimane dopo Monguzzi divulgò la propria storia sulla stampa. Il
clamore suscitato fu fortissimo e l’opinione pubblica si divise tra
scettici e credenti. La storia varcò i confini nazionali. Un’agenzia
francese si disse disponibile ad acquistare le foto per cinque
milioni (una cifra enorme, per l’epoca); una pubblicazione
americana si disse parimenti disponibile ed una casa cinematografica
propose addirittura di girare un documentario sull’incontro
ravvicinato. Ma quando ormai Monguzzi era all’apice della
popolarità, il 22 ottobre, ospite presso la redazione milanese di
Radio Sera, confessò pubblicamente di avere creato un falso! Le foto
erano state realizzate in realtà utilizzando un modellino di cartone
ed un pupazzetto; la truffa era stata architettata assieme a due suoi
cugini, Mario e Alfredo Gaiani, con la collaborazione di una guida
alpina dello Scerscen. Monguzzi ammise di avere realizzato il falso
per beffare i giornalisti, per, scrisse la stampa, “dimostrare che
lui, aspirante giornalista, aveva i numeri per essere assunto e non
respinto, come era avvenuto sino al giorno prima”. A dimostrazione
di quanto affermato, Monguzzi si fece fotografare con il modellino di
cartone ed il pupazzetto che simulava il visitatore alieno. Moriva
così il caso Monguzzi. E moriva tra le polemiche, visto che diversi
ufologi sottolinearono ripetutamente, e invano, che i modellini
mostrati da Monguzzi non corrispondessero alla perfezione a quanto si
vedeva nelle foto. Senonché nel bel mezzo di un’indagine su certe
strane tracce in un campo della Lombardia siamo venuti a contatto con
il signor Antonio Sprecapane. “Conoscevo Monguzzi”, ci racconta
Sprecapane, “perché lavoravamo entrambi alla Edison Gas.
Un
giorno Monguzzi mi chiamò dicendomi che voleva essere aiutato nella
realizzazione di un bozzetto di modello dello Scerscen Superiore. Mi
disse che doveva fare vedere che aveva fotografato un disco volante
sulla bocca dello Scerscen, al limite della seraccata. Mi disse
proprio così. Doveva dimostrare che era un bravo fotografo, questa
fu la sua motivazione”. Quando chiediamo a Sprecapane se le foto
fossero false, il nostro uomo scuote la testa. “Onestamente, io ho
visto i negativi originali. Nelle prime sequenze si vedevano Monguzzi
e la moglie sulla montagna, a metà c’erano le foto del disco, e
poi ancora la montagna. Dunque, le fotografie erano state scattate
sul Bernina e non a casa. Se osservate le foto del disco sul
ghiacciaio, vi renderete conto che è impossibile ricreare la stessa
pendenza. Le foto sono state scattate chiaramente da una persona che
era molto più in basso rispetto al disco. Dato che, quando ricreammo
il ‘plastico’ del Bernina, lo facemmo sul terreno, fu impossibile
fotografare così dal basso. Tra l’altro, le montagne del plastico
erano uno sgorbio, con la terra che cercava di simulare la roccia.
Dopo che uscì la smentita, Monguzzi mi fece vedere il modellino del
disco, era un cono di cartone tenuto assieme dallo scotch.
Dell’alieno, mi disse che era un pupazzo assemblato con lana e filo
di ferro. Mi sembrò una spiegazione ridicola”. Ma perché dunque
Monguzzi aveva preferito passare per visionario? “Quando uscirono
le foto, si scatenò un putiferio. Monguzzi venne interrogato da
agenti della Cia e dai nostri servizi segreti; mi disse che le sue
foto erano state ingrandite ad altezza di parete dall’Aviazione
(non mi disse di quale Paese). Era veramente terrorizzato. Ricordo
che ad un certo momento mi disse di tirarmi fuori dalla vicenda, che
era nei pasticci. Io, che avevo famiglia, preferii obbedire. Del
resto, Monguzzi la pagò cara. Venne cacciato dalla Edison. I
dirigenti, che in un primo momento facevano la fila per farsi
fotografare dalla stampa assieme a lui, dopo la smentita si resero
introvabili. E lo licenziarono.
Ricordo
che dopo una nostra intervista alla Rai fummo interrogati, mi
chiesero se nelle foto, ormai dichiarate false, riconoscessi
realmente il Bernina; fui torchiato anche dai dirigenti della Edison,
che volevano sapere che ruolo avessi avuto nella vicenda.”
Sprecapane sostiene che Monguzzi avrebbe realizzato il plastico prima
ancora di divulgare le foto! Prima, e non dopo. Ciò significherebbe
che l’ingegnere monzese, prevedendo delle noie, si sarebbe
costruito una via di fuga. Cosa temeva dunque Monguzzi? La risposta è
forse in una sua dichiarazione al giornale Il Popolo del 23 ottobre
1952: “Ho pubblicato le foto solo due mesi dopo l’avvistamento in
quanto avevo paura. Sono giovane e ho un figlio, e a 29 anni non
volevo essere sequestrato o ucciso. Perché, sebbene sia
personalmente convinto che si trattasse di un abitante di un altro
pianeta, pure il disco poteva appartenere ad una grande Potenza che
avrebbe fatto tutto il possibile per eliminare l’indiscreto
scopritore di un formidabile segreto militare.” Monguzzi aveva
realmente fotografato un prototipo top secret ed era stato poi
costretto a passare per imbroglione, pena la morte? O più
semplicemente era incappato nel classico debunking e cover up che
toccò, negli anni della Guerra Fredda, a molti sfortunati
UFOtestimoni? Si era del resto negli anni Cinquanta e l’America
aveva messo in pista i suoi agenti della disinformazione migliori.
Certo, per saperne di più occorrerebbe parlarne con il diretto
interessato, ma Monguzzi sembra sia sparito dalla circolazione.
Quando ne chiedemmo notizie a Sprecapane, ci fu risposto: “Non ho
notizie precise, ma uno dei nostri ex colleghi dell’Edison mi ha
detto che gli era successa una cosa strana, che era morto in un
curioso incidente d’auto.”
Scritto
da "Tigrino" che è un appassionato degli episodi meno
recenti dell’ufologia, ha “ripescato” la storia del caso
Monguzzi, avvenuto ben 61 anni fa. Ce lo riporta alla memoria, in
tutta la sua contraddittoria dinamica, usando un testo giornalistico
scritto da chi conosceva l’ingegnere dell’Edison.
TRATTO DA:Clicca qui
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